Antologia critica

Brigida Mascitti

L’opera di Roberta Meldini, riminese di nascita ma romana di adozione e formazione, si colloca nella temperie artistica della seconda metà del Novecento. Da questo secolo complesso, mutevole e caratterizzato da una coesistenza di stili molto distanti tra loro, l’artista “a tutto tondo’’ Meldini, ha saputo trarne gli spunti più significativi per un lavoro creativo sviluppatosi in oltre cinque decenni, dalla metà del XX secolo ai primi anni del Duemila.
Un tempo che l’ha vista scultrice pura e autrice altresì di disegni e incisioni mirabili che contengono tracce dell’arcaico e dell’antico, del Quattrocento di Donatello e del Rinascimento di Michelangelo, della novità teorica di Auguste Rodin e dell’Impressionismo di Medardo Rosso, dei grandi scultori internazionali della prima metà del Novecento, in primis Brancusi e Moore, ma al contempo degli italiani a lei coevi quali Marini, Manzù, Greco, Crocetti, Fazzini e Messina. […]
Il tempo metabolizzato dall’artista è però assai più vasto dell’epoca fattivamente vissuta, affonda le sue radici, come già accennato, nell’antico, nella classicità, nella grande storia dell’arte italiana: «Ho ancora viva l’emozione di quando bambina, visitando per la prima volta il Tempio Malatestiano, scoprii i meravigliosi bassorilievi di Agostino di Duccio. In seguito rimasi soggiogata dalle opere di Donatello e del Laurana […]. La mia produzione, infatti, pur nella sintesi della forma che esclude tutti gli elementi superflui, denuncia chiaramente un’irnpostazione di sapore classico». […]
La superficie delle opere scultoree risulta liscia, come nei modi delle avanguardie. È pura sintesi volumetrica e salda e compatta composizione. Eppure, qualcosa di molto sottile sembra scalfirla: una sorta di cesellatura, di trama incisa, rugosa, che serve a dar vita ai capelli, a far emergere i lineamenti, a creare il velo che cela il corpo. Questi gli unici elementi identificativi del gruppo bronzeo Catone e Porcia. […]
Gli animali della Meldini, assieme alle sue pomone e alle sue ninfe, popolano inoltre gli innumerevoli racconti fiabeschi, immersi nella natura più selvaggia e rigogliosa, luoghi metafisici governati dal sentimento di spontaneo amore tra le creature, narrati mediante la tecnica grafica incisoria dell’acquaforte e dell’acquatinta e per il tramite di disegni a linea continua. Il numero limitato di lastre in zinco incise — circa una trentina — e la bassa tiratura di ogni esemplare impresso su carta — fino a un massimo di sessanta più alcune prove d artista — fanno di queste stampe un compendio raro e prezioso che arricchisce il già ricco dialogo declinato nei disegni. […]
Proprio come nella plastica scultorea, incentrata sul tema della figura distesa di ascendenza michelangiolesca, anche nel disegno di Roberta Meldini a emergere è la torsione morbida del corpo che marca, ora in pose classiche (Modella, Donna che si specchia, Pudore), ora giocose (Donna con palla), una fisicità massiccia e dai volumi densi, tridimensionali che solo uno scultore è in grado di trasmettere.

Roberta Meldini. Plastica linearità e sinuosa tridimensionalità.  Catalogo della mostra a Palazzo Merulana, Roma,  2021

 

Marina Pescatori

L’universo artistico di Roberta Meldini è composto soprattutto di donne. Da ogni punto di vista, esse offrono al nostro occhio, raffinatezza, personalità, carattere. La loro presenza scenica in forma di ritratto, rivela fascino e disinvoltura; la loro opulenza fisica in torsioni misurate, rimanda alla primordiale Dea Madre, generatrice di tutto ciò che è terreno. Solitarie e immobili in sculture e disegni o in movimento in piccoli gruppi tra i boschi, le donne meldiniane prendono vita con gesti controllati, circondate da un’aura di naturalezza che emerge dalla tela come dalla carta, dal bronzo come dal cemento.
Numerosi sono i materiali e le tecniche con cui l’artista si misura nel tempo, ogni volta riportando esiti felici. Con successo ci regala suggestioni diverse dettate dalla medesima curiosità di sperimentare, di allargare gli orizzonti espressivi: una composta ironia emerge dalle magnifiche rappresentazioni di animali, un sentimento mistico si leva dai bassorilievi, mentre la fantasia prende il sopravvento nei temi figurativi e nei paesaggi.
E poi, il colore. Quanto bianco, quanto nero, quante tonalità nei suoi lavori, oli e tecniche miste in cui l’artista, guidata dall’estro del momento, resta sempre fedele al suo sentire. Anche quando i tratti marcati diventano cupi o viceversa le cromie sono squillanti, atmosfere inattese ci prendono, mostrando del suo timbro estetico mutevoli aspetti e tumulti interiori.
Vista nel suo complesso, l’opera di Roberta Meldini ci convince perché in lei tutto nasce spontaneo e armonioso. Perché che tutto è possibile, sotto il segno dell’eleganza.

Roberta Meldini. Scultura, disegno, grafica incisoria. Catalogo generale, 2017

 

Carlo Fabrizio Carli

Tutta l’attività di Roberta Meldini, vitalmente inserita nella grande vicenda della scultura novecentesca, costituisce una testimonianza appassionata della perenne validità dell’operatività scultorea. […]
Si avverte il segno di una marcata concretezza umanistica nelle opere di Roberta Meldini, l’estraneità ad un’attitudine di divagante intellettualismo, attestate già dalle scelte dei temi praticati, tra cui emerge, specialissimamente coltivata, la figura femminile. In tale ambito, la scultrice consegue certamente i risultati più convincenti — comunque notevolissimi, in assoluto — della sua ricerca, in posizione di equilibrio ben calibrato e saldo fra istanze di carnalità e di conseguita spiritualità; di eros e di ascetismo; e, propriamente riguardo al linguaggio, tra classicità greca, la lezione del museo e l’attenta riflessione sui moderni. […]

Si può qui toccare con mano come la scultura meldiniana si sia andata sviluppando secondo un duplice registro, il primo affidato al già evocato dispiegamento della plastica come carnalità, l’altro in direzione della progressiva acquisizione di una sintesi volumetrica, che ha consentito all’artista di liberarsi dai motivi accessori e descrittivi, per attingere ad una saldezza compatta della composizione. È evidente il ruolo che grandi Maestri come Moore e Brancusi hanno rivestito in questo processo di abbandono del superfluo, in finizione del raggiungimento della noce plastica inscalfibile di una determinala ideazione. […]
Memorabile approdo di questa particolare esperienza meldiniana può essere considerato il gruppo Catone e Porcia, che fu salutato al suo esordio espositivo come un autentico capolavoro (U. Moretti, 1974). La tragica vicenda di Porcia, che si uccide alla notizia della scomparsa del marito, è eretta da Meldini a stoico esempio di amore che supera la morte. […]
Roberta Meldini ha pure cospicuamente e continuativamente praticato l’arduo (sempre e oggi in modo specialissimo) campo dell’arte sacra, introducendovi, con effetti di indubbia efficacia, le sue figure di rigorosa semplificazione formale, che, trasceso il versante della trepida carnalità, si fanno ora icone interpreti di una forte carica ascetica e mistica. […]
Un discorso critico sull’opera di Roberta Meldini non può prescindere dall’esercizio grafico, in particolare disegnativo, che affianca la scultura e ne integra i significati. È praticamente impossibile che l’attività di un vero scultore possa attuarsi senza l’ausilio del disegno, sia pure di un disegno molto diverso da quello praticato dai pittori. Non fa eccezione la nostra artista, autrice di fogli molto efficaci, essenzialmente monocromatici, tracciati con sottili. vibranti tramature a china. Disegni funzionali, finalizzati alla costruttività dell’opera; rigorosi, e si vorrebbe quasi dire monumentali, nel loro sintetico, poderoso arcaismo.
Eppure Meldini ha pure praticato in parallelo il disegno sul versante completamente diverso, se non addirittura antitetico, quello di una resa impressionistica, dal segno nervoso, veloce, divagante. Del resto istanze di segno impressionistico possono essere intese in Meldini come polarità alternativa e segreta, basti pensare che la sua tesi all’Accademia di Belle Arti, molto apprezzata dai docenti, fu appunto dedicata alla scultura di Medardo Rosso.
Affine al registro del disegno, può essere considerata l’attività incisoria, specie all’acquaforte (ma altresì con procedimenti più desueti e, in certo qual modo più affini alla scultura, come la pirografìa), che Roberta Meldini ha praticato in forma non episodica, approfondendo la tecnica sotto l’influsso magistrale di un grande virtuoso delle morsure, come Jean Pierre Velly. […]

Roberta Meldini. L’astrazione del reale.  Catalogo della mostra a Èstile Gallery, Roma 2008

 

Gianna Pinotti

Da molti anni la scultrice Roberta Meldini si fa interprete della figura femminile che diviene, di volta in volta, dea, amazzone, angelo, madre, o, in modo più articolato, personificazione di un concetto astratto. Lo studio del corpo femminile risponde a una disposizione affettiva e a ideali estetici e filosofici. Tutte le coniugazioni del tema che l’autrice pronuncia con il suo linguaggio plastico virano nel rapporto che si instaura tra linee di forza e spazio, linee che seguono percorsi emotivi, anche se i risultati immediati sono naturalmente visuali.
Meldini possiede uno spirito energico di impronta maschile, e insieme raffinato e puro. Studiosa di arte moderna e contemporanea — ricordiamo i suoi forti interessi per autori quali Medardo Rosso ed Henry Muore, allieva di Lorenzo Guerrini, la scultrice, nel corso della sua complessa formazione, si è dedicata all’approfondimento di personalità che hanno dedicato buona parte della loro esperienza creativa allo studio della struttura del corpo umano e delle sue tensioni plastiche. Inoltre, nella sua opera vive la lezione di Guerrini, basata, come lui stesso sottolinea, su una concezione ascetica e cosmica della creazione, sull’incontro col volume che si fa poesia, con il blocco come vera essenza della scultura.
La figura adagiata affascina l’autrice a tal punto che ne affronta alcuni aspetti in una ricerca su la figura giacente in Michelangelo e Moore: Meldini approfondisce i comuni intenti dei due maestri e lo spirito con cui affrontano il contrapposto (basato su un gioco di forze in contrasto tra loro che animano il blocco scolpito e lo tendono nel ritmo chiuso della sua forma, alla conquista di un trattenuto equilibrio d’insieme), giungendo a considerazioni sulle differenze dei loro esiti: tormentate contorsioni in Michelangelo e cariocinetiche fratture in Moore. […] 
Meldini è dunque attratta da questo soggetto, che viene ripreso nei bassorilievi e nelle donne che si beano distese al sole, mentre rivolgono i loro occhi, quasi sempre socchiusi, appena percepibili, a volte assenti, verso un misterioso e silenzioso cosmo costituito da ritmi flemmatici e puri. […]
Sul capo di queste creature quasi divine, che potremmo definire Afroditi moderne (basti citare i titoli che richiamano attributi venusiani: Donne al sole, Donna con colomba, Donna che esce dall’acqua), troviamo una originale forma conica che ricorda la ciocca dei capelli raccolti: le chiome si risolvono in questa acconciatura astratta, sagoma che, nella sua stilizzazione, ci riconduce a qualcosa di arcaico, forse a testine di divinità femminili della Grecia antica o a espressioni dell’arte cicladica, così affollata da dee della fertilità i cui simboli rientrano in convenzioni assolute e sintetiche. […]
Nei bassorilievi di ispirazione classica, eseguiti alla fine degli anni novanta, Meldini ritrae donne dalle proporzioni abbondanti e dai visi primitivi, sdraiate nella quiete di una foresta, dee di luoghi paradisiaci, lontani, costituiti da sottili vegetazioni. […]
La predilezione per il rilievo e la tecnica incisoria emerge spesso, non solo attraverso questi lavori ma anche nelle sculture, che sono arricchite da veri e propri bassorilievi o da sottili tratti, trasposizioni di sciolte incisioni a bulino. […]
Le mani, le braccia, perdono il loro ruolo, diventando motivi che dinamizzano il rilievo: questo spesso lascia trasparire un velo, un abito sottile, un’increspatura liquida che infine scompare nel corpo scolpito.
Tutti questi aspetti sono complementari a un’altra predisposizione creativa: Meldini concepisce la scultura come blocco unico su cui si svolge il racconto, alcune volte sintetico, altre volte più dettagliato. […]

Il femminile tra creatori e creati. Roberta Meldini, sculture e disegni. Catalogo della mostra alla Galleria Arianna Sartori, Mantova 2004

 

Stefania Severi

Roberta Meldini trasmette alla sua plastica i principi di ordine e di simmetria che furono già individuati nell’arte classica come elementi tipici della composizione. La sintesi formale, la tendenza alla geometrizzazione, l’adesione al concetto di proporzione naturalistica rimandano anch’esse alla statuaria antica ed in particolare a quella ionica cui rinviano la levigatezza e il sottile pittoricismo delle superfici. […]

Catalogo della mostra Toto orbe in pace composito, presso chiesa degli Artisti, Roma 1999

 

Guerrino Mattei

La Meldini nel “liberare” una figura si preoccupa soprattutto che la visione porti con sé un racconto che sia il risultato di una manipolazione si, ma anche la risoluzione di un pensiero nel quale armonia, poesia e forma coniughino espressività, dando al riguardante una sensazione di ristoro che appaghi estetica e verità. In queste sue donne monolitiche, compatte, fruibili a tutto tondo, ogni ritmo edificativo si costruisce sulla possibilità che offre la curva per contenere armoniosamente quanto di artistico è stato preordinato. […]

Il Giornale del Mattino, 15 marzo 1998

 

Giuseppe Selvaggi

Roberta Meldini: sintesi. Maestri hanno guidato la scultirce verso la sua attualità, non nel senso cronologico, ma di presenza nell’arte di oggi. Giuseppe Capogrossi. grandissimo, l’ha avviata alla ricerca verso il futuro delle arti. Domenico Purificato pittore e, di più, l’onestà tradizionale di Michele Guerrsi verso le tensioni di bellezza del bello antico, e di sempre. Il catalogo di Clotilde Paternostro fissa, senza quasi altro potere aggiungere, come cultura e meditazione conducono la Meldini verso la serena bellezza della sua statuaria. Una serenità che include un dramma universale: ogni primavera avrà l’estate e la morte. Poi primavera. Toccare con gli occhi e con le mani le sculture di Roberta Meldini provoca brivido interno, assolato e muto. Entra nel nostro bello esistere. Sottili richiami etruschi, letture egizie assorbite, con altre, fanno di questa scultura una pagina a sé stante nella modernità legata alla immensa tradizione. È una delle rare mostre godibili, in pieno.
È indubbio che il futuro delle arti si annuncia complesso eppur semplicissimo. Limpido, pur nel mistero dell’arte in sé stessa. La non alternata ma tutta fusa lezione delle avanguardie e delle tradizioni non fanno testo. Il momento impone di recuperare la tradizione figurativa inserendovi tutte le verità rivelate dalle alterazioni del reale prodotte, dalle avanguardie. L’inserimento può essere non nelle forme evidenti, ma nel sotterraneo delle stesse forme, con il risultato di una fusione invertibile all’occhio ma sensibile dentro la vista. Così è della scultura di Roberta Meldini: è davvero tanto, vero.

Il Giornale d’Italia, 25 marzo 1998

 

Luigi Tallarico

L’artista riminese e operante a Roma non si acqueta nel diletto formalistico delle sue donne, che sembrano abbandonate e riottose al sole, ma che invece vibrano e sono colte nell’attimo della più alla tensione felina e sensuale. Anche nella posa della «Dormiente» (1993), la massa turgida delle forme va vista non in funzione dell’appiombo e della statica positura, ma nella vibrazione della spalla e del collo che porta al volto e al capo tutte le tensioni, plastiche e luministiche, di chi è in momentaneo arresto (la statis greca — ricordiamolo — è tensione motoria, non arresto di energia).
La modulata dolcezza delle sculture della Meldini non deve infatti far pensare ad una tendenzialità classica, forse più esattamente gotica o del tutto manieristica, dal momento che la duttile flessibilità e la tensione sensuale immettono nella grazia muliebre delle sue «donne» un moto in atto, se vogliamo una scattante malizia, ma mai quella «malinconia» saturnina che ristagna all’interno e fa deperire la dinamica e la purezza delle forme esterne.
La levigatezza delle superfici è piuttosto mutuata dalle avanguardie storiche e richiama quella purezza di linguaggio che dona al sentimento della bellezza, e all’eleganza della forma una sostanza plastica e dinamica insieme, nel raro equilibrio di verità e astrazione, senza alcun riferimento alla natura.

Secolo d’Italia, 1 agosto 1997

 

Alvaro Spagnesi

[…] Si leggono, in questa stagione espressiva della Meldini, nuove suggestioni floreali, mentre le persistenze classiche si caricano di una felicità disegnativa attico-picassiana. Nella parte inferiore della grande acquaforte “Nell’Eden”, risalta con forza un interesse per le linee fluide e i forti contrasti alla Beardsley: il ramo dell’albero del peccato si fa esso stesso serpente per salire ad insidiare la coppia ancora un po’ sognante dei progenitori, risolta invece con linee scattanti e funzionali all’impianto anatomico delle floride figure. L’autrice lega le due metà dell’opera proseguendo col profilo della coscia e del busto di Eva il movimento sinuoso del serpe, cosicché si assiste ad uno shock visivo nel contrasto tra la carne liscia e pallida della donna con la pelle squamosa e atra del rettile, ma allo stesso tempo anche ad un movimento ininterrotto tra questi protagonisti della scena. È forse grazie all’impiego di questa contrapposizione — sintesi delle masse e insistenza sui minuti particolari — che Roberta Meldini trova oggi la sua personale “via al colore”: se infatti le vaste superfici femminili sono risolte “a risparmio” e con fiochi tocchi plastici, quelle occupate da piante e fiori si caricano di una ricca gamma di verdi, di azzurri, viola e marroni, provocando sensazioni di arcana tranquillità pur nello stupore di una varietas naturale. Nel sogno e nella realtà, nella favola e nel mito, attrice principale per Roberta Meldini è sempre la donna col suo corpo, capace di generare la vita che è sempre al centro di una ricchezza di elementi intesi come riflesso della sua straordinaria capacità di partecipare al corso dell’esistenza.

ECO d’arte moderna, n.ro 101, sett./ott. 1995

 

Luigi Tallarico

[…] La Meldini è una scultrice seria e preparata, aliena da ogni approccio immediato o corrivo con la realtà, anche se ha saputo per converso far sue la certezza e la verità di una plastica che ritrae dal mondo della sensibilità e della poesia la sua ragione d’esistere. Da qui una sistematica scultorea che mantiene inalterata la sua forma antropomorfica, anche quando avverte i contraccolpi dell’atmosfera e i sussulti di una tettonica che si espande in larghe superfici, ricomposte e quietate da una purezza che rivela un sottinteso umano e morale. La sua forma narrante e in questo voler salvare la plasticità, attraverso la modulazione dei fatti e delle vicende, che si tramutano in espressioni purissime e affabulanti.

Scultura come racconto, Secolo d’Italia, 10 febbraio 1982

 

 

Luigi Tallarico

[…] L’opera di Roberta Meldini si presenta innanzitutto nella chiarezza umanistica del linguaggio, ma che non trascura una certa malizia (e una certa grazia) tutta moderna, nella accentuazione di una vibrazione sensuale e insieme malinconica della «peritura voluptas ». Si avverte, infatti, nella sua statuaria, la felicità immediata, quasi tattile, della modellazione e della vibrazione che increspa leggermente la superficie, nonché l’immagine sensuale della figura che si impone come promanazione arcaica di quella efficace esplorazione del passato. […]

Discorso sulla scultura, Secolo d’Italia, 13 dicembre 1977

 

Ugo Moretti

Della serie di bellissime opere che Roberta Meldini espose tre anni fa a Cortina d’Ampezzo ne vengono proposte soltanto tre in questa mostra romana a documentare l’estrema coerenza di stile di un’artista che conservando la sua tematica originale ha portato il discorso formale ai limiti della purezza plastica con un progresso verso la sintesi che sfiora l’assoluto. Non è solo la valutazione tecnica che mi spinge a un giudizio che potrebbe sembrare più contenuto rispetto a quello espresso al primo impatto con la sua scultura, ma in quella occasione si trattava di una scoperta, oggi di una gioiosa verifica che porta alla conferma di una personalità quanto mai solida nella sua maturazione. […] Oggi questi valori sono esaltati dalla maggiore disponibilità della Meldini alla fantasia: nelle volute snodate di queste «donne al sole» in cui la lezione di Moore è assorbita e restituita con un linguaggio non soltanto più gentile ma — mi si consenta — più espressivo, noi scopriamo l’armonia della femminilità, appena accennata da un ciuffo o da un graffito che conferiscono grazia e carattere a queste figure dall’apparenza abbandonata ma in realtà tese come sfingi e del pari enigmatiche.
La diversa patinatura, dal dorato al bruno ramato, porta elementi pittorici a questi bronzi, i cui minori si completano costruttivamente con le basi di travertino, tutt’ uno con la figura a rendere il senso dello scoglio e della luce.
Si noti la minuzia delicata dei profili appena percettibili sull’imponenza ondosa dei volumi, la dolcezza degli elementi decorativi appena affioranti nella donna con colomba, lo slancio dei movimenti che assumono l’eleganza di un balletto.
Queste peculiarità della scultura di Roberta Meldini vengono poste in evidenza dall’opera grafica che affianca la scultura e ne integra il significato. Sia nelle figure bloccate, vere e proprie risoluzioni plastiche, sia e di più nelle composizioni a linea continua, l’artista resta fedele alla sua concezione di volume e l’ornato si inserisce tra le figure con profondità da bassorilievo. Il magistrale uso della china da cui sortono gli effetti cromatici dal nero spesso al grigio, al lavagna, al cilestrino, al melogranato, traduce le scene di bosco e d’acqua in racconti pagani le cui figure diventano leggere nel casto dialogo della loro carnalità, predominata da una sottile, solare ironia. Un consuntivo di tre anni di attività — dal quale sono state sottratte molte opere, già collocate in collezioni pubbliche e private — che rende pienamente il livello etico e artistico di Roberta Meldini e ci restituisce molta della fiducia perduta in questi tempi convulsi nella permanenza sacrale dell’arte, in special modo della scultura, nella faticosa fierezza dell’opera destinata a restare e trasferirsi lungo il corso delle generazioni non soltanto come espressione creativa ma come simbolo poetico di un’epoca. E queste opere hanno la dignità e il diritto di restare.

Sculture e disegni di Roberta Meldini. Catalogo della mostra alla Galleria il Babuino, Roma 1977

 

 

Luigi Tallarico

La scultrice Roberta Meldini, con il suo importante gruppo scultoreo Catone e Porcia ha dimostrato come I’«avvertimento» dei valori pittorici non distoglie alla statuaria la sua classica e aderente partecipazione al mondo della rappresentazione. Attraverso una raffinata dosatura dei timbri di luce, che si posano con castigatezza sulla superficie, levigata eppur scattante da vibrazioni e da sommovimenti che mettono a nudo una partecipazione interiore. Roberta Meldini è riuscita a mantenere in un’area metafisica la immota compostezza classica e la oggettività di una statuaria tesa ad una manifestazione solenne ed iconica (nella specie, l’armonia coniugale della celebre coppia).
Come si sa, la tenacia classicistica in sé condiziona e compendia le esperienze storiche nell’ambito del tempo e dello spazio, dell’umano e del naturale. L’avanguardia invece ha creduto di togliere valore non solo alla graduazione e alla metodologia della storia, ma alla verosimiglianza dell’immagine, per negare, appunto, tale validità del linguaggio classico. La modernità dell’opera della Meldini, che non rinnega l’antropomorfismo tradizionale, denso di compostezza emblematica, è da ricercarsi — come ha indicato l’avanguardia — in quel rapporto costante di luce e ombra, in quell’avvertito senso pittorico che pervade le superfici modellate con sapienza, infine in quelle tensive modulazioni che affiorano dalla materia, che, da immota, diventa interiormente vivente e pulsante, coma il sangue vivo del mondo.
La scultura, dunque, ridiventa «lingua viva» in quelle opere capaci di recepire il profondo insegnamento, non attraverso i martiniani, del «messaggio» di Arturo Martini.

Secolo d’Italia, 23 luglio 1974

 

Guido Finn

Non è facile sfuggire alla suggestione che le opere di Roberta Meldini provocano in chi vi si avvicina anche disattentamente. Spesso accade infatti che il visitatore non cerchi di penetrare nell’opera dell’artista, non si impegni alla ricerca dei valori che le opere contengono, quei valori che l’artista è riuscito, con minore o maggiore efficacia a infondere nelle sue fatiche. Con Roberta Meldini accade il rovescio. E il visitatore disattento è costretto a soffermarsi, a riflettere e a “subire” l’impegno di queste opere siano esse imponenti nel cemento che le struttura, o vibranti di bronzo, o ancor più semplicemente nitide nella china del disegno che precorre la scultura.
In cemento è la «figura in riposo» ad esempio, plastica e morbida e insieme prepotente nella forza che emana; in bronzo è «Catone e Porcia» che il critico Ugo Moretti giustamente definisce stupendo dicendo: «…dove alla sintesi plastica del modellato si sposano i valori tattili delle superfici levigate sulle quali, con segno aereo appena inciso, appaiono i caratteri fisionomici e del movimento».

La Tribuna, Anno XIX, 13 settembre 1974

 

Ugo Moretti

Chi si trova per la prima volta dinanzi alle opere grafiche e plastiche di Roberta Meldini ne rileva immediatamente la bellezza ma al tempo stesso la diversità di materia, di stile e di tema, il che potrebbe denunciare una incertezza di scelte nonostante in ogni opera sia presente e riconoscibile l’impronta sicura della stessa mano creativa. È invece la documentazione della fiorente vitalità di alcune ricerche e del loro pieno esaudimento, delle ricognizioni che l’artista ha compiuto risalendo in tutti i suoi affluenti il fiume gonfio e vigoroso della sua vocazione.
Risulta altrettanto evidente che alla foce di questo percorso l’opera è particolarmente felice e costituisce una tappa fondamentale, un nuovo punto di partenza. Intendo parlare dello stupendo gruppo «Catone e Porcia» dove alla sintesi plastica del modellato si sposano i valori tattili delle superfici levigate sulle quali, con segno aereo appena inciso appaiono i caratteri fisionomici e del movimento. Difficile trovare nella scultura moderna un sapore così classico, un’aderenza al tema così limpida e partecipante. Il severo e appassionato amore di questa coppia, tramandata a proverbio quale esempio di armonia coniugale è stato espresso dalla Meldini con suggestione metafisica, in forma arcaica e solenne che rende alla scultura tutti i suoi valori primigeni ed emblematici. Non di meno sono però da valutare le prove immediatamente precedenti, specie quelle realizzate in cemento, dove gli albori di quella che sarà d’ora innanzi la concezione plastica della Meldini sono già evidenti e realizzati. La grande figura in riposo appare come fatta di luce, la materia compatta diventa morbida quasi fosse immersa nell’acqua. Così pure la figura di adolescente seduta, solida e scarna e gentile sembra in procinto di gettarsi a passo di danza in una fontana.
Più robusti e carnali i bronzi, opere di scoperta bravura in cui la padronanza del movimento, negli slanci e nelle torsioni, è soffusa di una sensualità che non arriva mai alla compiacenza ma anzi indora queste forme di donna, le fa palpitare di vita collocandole nel preciso spazio estetico della loro ispirazione, ampiamente godibile.
Risalendo nelle esperienze, vediamo con quale decisione la Meldini affronta temi d’alto impegno plastico, anche se non appariscenti nell’ordine figurativo: il grande tacchino, ad esempio, privo di ogni decoratività e sgombro da ogni rifinitura naturalistica, ma costruito con un rigore che ne fa risaltare la possanza. L’opera grafica presenta anch’essa due aspetti fondamentali: quello di ideazione e preparazione alla scultura (che poi verrà modificato fino a farne sparire i connotati di rilievo pittorico — e si veda ad esempio il disegno originario di «Catone e Porcia») in cui hanno grande importanza i pieni e i vuoti creati dalla luce su una dimensione: e quello, fresco, autonomo, narrativo del disegno a linea continua in cui intervengono elementi cromatici e festosi, deliziosi movimenti di figure inserite in paesaggi fiabeschi. I quali non hanno nulla del primitivo ma attingono alla fantasia scenografica dell’artista, perfettamente architettata e raffinata. Certo, anche in questi disegni la mano dello scultore prevale, specie nelle figure muliebri, però una grande aria di libertà circola negli spazi bianchi, una primavera di colori puri allieta la composizione, la linea è veloce, sottile, elegante al limite dell’arabesco. Qui Roberta Meldini attinge alla sua incorruttibile fiducia nel sogno. Poi affronta la creta e di questi sogni fa una realtà che conserva del sogno l’alta luce di poesia.

Roberta Meldini. Sculture e disegni. Catalogo della mostra al Grand Hotel Bellevue, Cortina d’Ampezzo 1974

 

Dante Maffia

[…] I pezzi di scultura, siano in cemento o in bronzo o in gesso, si affidano a una elementare poesia di rievocazione così che i volumi si risolvono in una orchestrata composizione. « II tacchino », « La pavoncella », « Marina », «L’estasi », « Il nudo » sono capitoli di un discorso interiore nel quale la materia si trasforma fino ad assumere qualità sensibili ed oserei dire spirituali. «Momento sull’acqua » non è soltanto un atteggiamento colto in un modo di essere familiare, ma è soprattutto un’attuazione dell’attimo fuggente, una collaborazione che esula dalle maniere sterili e si inscrive, con aereo candore, in una felicità creativa di fervida fantasia e di equilibrata ricerca.
Si osservino con molta attenzione gli animali. È appena avvertibile uno scatto verso volumi esagerati di proposito. Il gallo è superbo nel suo canto mattutino; l’agilità del collo sulla pesantezza del petto sovrasta l’alba e stabilisce un rapporto dialettico tra lo spazio-infinito e l’artista, che vive nella scena e si incarna nel modello. […]

Parallelo 38 – Rivista per l’unità europea, Anno XI n.ro 12, dicembre 1971

 

Sandra Orienti

[…] Se nei ritratti di fanciulle la evidenza plastica delle immagini, diligentemente bilanciata nell’insinuarsi di una piega sentimentale, trova un suo equilibrio nello spazio, nelle sculture di animali la Meldini dimostra di muoversi liberamente in un gioco sottilmente stupito e ironico insieme.

Il Popolo, 20 novembre 1971

 

Mario Rivosecchi

[…] La difficoltà di accogliere nella scultura il divenire di sensi e pensieri in una creatura, che dalla gaia innocenza della fanciullezza passa alla complessità dell’adolescenza, ha portato, la madre scultrice, ad elevare l’espressivo silenzio in luce del volto di “Marina”, sulla nudità del busto portante, solo appoggio all’evidenza di tanto secreto meditare. […] Nel presente periodo di bizzarrie raziocinanti, dovute troppo spesso ad escogitazioni innovatrici, piuttosto che all’insopprimibile colloquio con l’esistente, naturale dono negli artisti dolati di fantasia. auguro a Roberta Meldini di continuare a farci dono della sua originalità che umanizza la varietà degli esseri viventi, in iscorci audaci e attenta modellazione costruttiva: singolare, ripeto, nei suoi “animali”, in cui trovo un raro senso di umorismo favolistico.

Roberta Meldini. Sculture e disegni – Catalogo della mostra alla Galleria Soligo, Roma 1971

 

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